La biodiversità – e il perché me ne frega
Ho pensato spesso su quale argomento scrivere il mio primo articolo, e come vedete ho scelto la biodiversità. Ci saranno articoli più leggeri, ma vorrei partire da qualcosa che mi emoziona.
La biodiversità. Innanzitutto vi dico che bios significa vita, quindi ecco svelato il nome così interessante di tutti quei centri estetici. Quindi biodiversità vuol dire la diversità della vita, ma io la collego sempre ad un’altra parola che uso sempre più spesso: olistico.
Olistiche sono tutte quelle cose che non possono essere definite scomponendo le sue parti, olistico è qualcosa che comprende e non divide. Olistica sono stata io, per esempio, quando oltre a curarmi con i cristalli e gli olii essenziali e le piante e i libri sono anche andata dalla psicologa per la mia ansia. Non potevo soffermarmi solo su una cosa e non c’è solo una cosa che mi hai aiutato, ma tutto quanto.
Spesso chiedo ai miei studenti cosa vedono quando pensano alla parola biodiversità, per me parte tutto da un bosco, un bosco ricco di piante, profumo di funghi, tante foglie diverse, con un enorme formicaio, tantissimi volatili che cantano.
In natura tutto è collegato, e anche se spesso pensiamo di non farne parte, anche gli uomini fanno parte della natura, spesso però i nostri comportamenti ci hanno portato a considerarci sopra la natura, e no, non intendo che abbiamo capacità soprannaturali, magari.
Ci siamo considerati al di sopra della natura per così tanto tempo che l’era geologica in cui viviamo ora è stata chiamata antropocene, letteralmente per evidenziare quanto irreparabilmente abbiamo modificato il nostro ecosistema a nostro vantaggio. Antropocene infatti significa che l’essere umano, è riuscito, con i suoi gesti sconsiderati verso il futuro, a modificare il nostro geosistema, la nostra terra, questa biglia fluttuante nell’universo su cui viviamo.

E, immagino l’abbiate capito, non l’abbiamo modificata bene, l’abbiamo resa inospitale a tal punto che abbiamo estinto tante di quelle specie che non possiamo contarle tutte.
Quando parlo di ecosistema intendo il rapporto degli esseri viventi (piante, animali, funghi, insetti, etc) con l’ambiente in cui vivono. Mi dispiace dirvelo, ma non sono stati i druidi e le streghe a creare il rapporto indissolubile con la natura, c’era già.
L’uomo, evolvendo molto velocemente, ha selezionato, e più che razzista è stato specista, privilegiando solo alcuni tipi di piante e animali, distruggendo gli altri che non davano abbastanza vantaggi. Ha quindi diminuito drasticamente la diversità della vita, la biodiversità.
Come ha fatto? Immaginiamo un bosco, una radura, con alberi e piante diverse e tanti animali che vivono sugli alberi, tantissimi insetti che vivono vicino, dentro e sotto le piante. L’uomo, una volta deciso di coltivare il suolo, abbatte tutto quello che trova, per piantare o seminare le sue piante preferite. Tutti quegli animali che vivevano su quegli alberi e tutti quegli insetti che vivevano dentro le piante vengono, nel migliore dei casi, allontanati.
L’uomo ha selezionato i semi con le caratteristiche migliori per produttività, e nei millenni ha estinto il 90 % delle varietà di verdure esistenti (secondo il National Geographic).
Questo mi porta a parlarvi del lavoro meraviglioso che svolgono le persone che si occupano di riportare in produzione varietà antiche, avrete sicuramente visto semi con scritto “antica varietà”, verdure o cereali che sono tipici solo di una regione, o di una piccola cittadina, a Massa Lombarda abbiamo una varietà di pesco che si chiama Buco Incavato, dolcissime, ma quasi estinte perché non adatte alla produzione industriale, infatti sono molto delicate e non resistono bene alla movimentazione richiesta per le grandi produzioni.

Ora voi potreste dire: e quindi? abbiamo ucciso qualche varietà, ne rimangono altre e molto buone quindi fine. E INVECE NO, perché queste varietà, super selezionate, e super modificate nei millenni e costrette spesso a crescere in luoghi diversissimi da quelli di origine, in cui si sono dovute ambientare, sono più deboli in caso di attacchi atmosferici o patogeni.
Se volessi sembrare alla moda, direi che sono meno resilienti delle loro sorelle antiche. La resilienza è la capacità di tornare allo stato originale dopo un danno. Le varietà autoctone, così si chiamano quelle varietà originali di un luogo, sono più predisposte a rispondere in caso di attacco di un fungo, un virus, un insetto.
E poi questa ricerca della perfezione e il selezionare a tutti i costi fa emergere l’adolescente ribelle dentro di me, basta con questa condanna alla diversità, basta con questa selezione, basta con questi piedistalli.
Ma non è solo questo, e scusate se nel prossimo paragrafo mi sentirete piuttosto witchy. Proseguendo sulla strada della selezione scellerata delle varietà (animali e vegetali) andiamo a impattare uno dei cicli meravigliosi dell’universo.

Piante -> mangiate da insetti o casa di insetti -> mangiati da roditori o uccelli -> mangiati da mammiferi -> mangiati da funghi e batteri alla loro morte -> che arricchiscono la terra ->in cui crescono le piante. Il ciclo continua all’infinito. Estinguendo uno degli anelli di questo ciclo, o distruggendo il suo habitat, tutto viene compromesso. Ormai sappiamo dell’impatto delle api e degli altri insetti impollinatori (farfalle e vespe per esempio) nella nostra vita, quello è un anello che si sta spezzando solo per le nostre scelte.
L’uomo sta modificando questo ciclo da centinaia di anni, arrivando persino a creare aziende solo per produrre veleni per le piante che non desiderava esistessero. Questi veleni vengono usati così tanto che si sono dovute creare aziende per produrre semi resistenti a questi veleni; semi quasi sempre sterili, imprigionando così gli agricoltori in un matrimonio combinato con veleni e sementi che arricchiscono solo i ricchi. Purtroppo non è una storia tratta da un film ma è la realtà, un esempio grande come il mondo è l’azienda Monsanto.
Qualcuno potrebbe comunque pensare che l’uso di trattamenti come pesticidi è necessario in agricoltura per produrre tanto raccolto. La prima reazione quando vediamo un problema è eliminarlo, e in agricoltura tradizionale questo ha portato a aumentare i trattamenti, perché molti patogeni hanno col tempo sviluppato resistenze a questi trattamenti. Quindi ci siamo fermati? eh no, abbiamo aumentato i trattamenti, arrivando a quella che viene chiamata spirale dei trattamenti. Ecco perché certe aziende come quella sopracitata, sono riuscite a lucrare mettendo sul mercato sementi resistenti ai veleni creati da loro stessi.
In questo articolo non vi parlerò della salute della terra e del suolo, che sta diminuendo drasticamente grazie al nostro intervento su quel ciclo magico e perfetto di cui vi parlavo prima. In questo articolo non vi parlerò neanche della salute degli agricoltori, messa a rischio dall’uso continuo di questi prodotti chimici di sintesi, ma voglio dirvi un paio di cose sulla salute dei consumatori.
Può non interessarvi della salute degli agricoltori, se non siete agricoltori, ma tutti siamo consumatori e siamo tutti colpiti dai residui di pesticidi nella pasta, o dalla resistenza agli antibiotici sviluppata dopo aver mangiato carne di allevamenti in cui gli antibiotici vengono somministrati preventivamente per aumentare la produzione.

Grazie al cielo non sono solo io che dico queste cose, ma le politiche comunitarie sono attive da anni per cambiare o migliorare le cose,per esempio Pan e Pac incentivano tecniche agricole per la salvaguardia della terra e dell’ambiente e fissano limiti per i trattamenti sugli animali negli allevamenti; uno fra tutti è il modello sanitario One Health, basato sul riconoscimento che la salute umana, quella animale e quella del nostro ambiente sono legate indissolubilmente.
Tutti i “nuovi” tipi di agricoltura (perché quella biologica è solo la base) lavorano con la natura, seguendo i suoi cicli, e migliorando il nostro habitat, invece di impoverirlo. Ho messo le virgolette su “nuovi” perché in realtà seguono tutti regole antiche, come la copertura del suolo, una regola dell’agricoltura conservativa, che ricopiando la natura, dice che non bisogna mai lasciare un terreno nudo, senza copertura di paglia o prato o piante spontanee. Altre agricolture di cui vorrei parlarvi, ma finirei tra un mese, sono l’agricoltura biodinamica, che segue i cicli lunari, la permacultura, l’agricoltura sinergica, ma ce ne sono tante altre.
Vederci come elementi della natura, invece di vederci come esseri che costruiscono una casa di cemento sulla natura, può migliorare le cose. Non dobbiamo ricercare una connessione con la natura, noi ne facciamo parte.

Allora da cosa partire? Possiamo partire dalle nostre scelte. Possiamo scegliere cosa acquistare, potere al popolo dannazione.
Scegliendo cibo biologico, mandiamo un messaggio molto chiaro, immaginatevi se invece che quello scaffalino ridicolo alla coop, la maggioranza delle verdure fosse bio. Scegliendo prodotti italiani, non solo per l’impatto ecologico dei trasporti, ma perché le normative potrebbero essere diverse in altri paesi, e spesso sono meno restrittive; e anche perché limitando gli spostamenti, limitiamo anche trattamenti usati per mantenere edibili gli alimenti.
Oltre queste scelte c’è la possibilità di affidarsi a un coltivatore locale e associarsi con i propri vicini, io ho fatto questa scelta con un’azienda agricola che si chiama Podere la Casetta, a pochi km da casa mia. Pagando una quota, io e i miei associati parteciperemo alla coltivazione di frutta e verdura per la nostra famiglia, locale e senza trattamenti chimici.
La mia speranza dopo questo articolo? Condividere la mia devozione per la biodiversità. Trovarci ad apprezzare quelle zone dove le piante hanno preso il sopravvento, anche se ormai sono ricostruite dall’uomo e si chiamano zone di riequilibrio ecologico. Una grande lezione che ho imparato dal mio tipo di agricoltura preferita, la permacultura, è che quando c’è un problema, non bisogna chiedersi quello che è necessario eliminare, è invece necessario ricercare cosa manca per ritornare in equilibrio.
Link utili all’approfondimento di quanto appena letto:
https://www.iss.it/one-health/-/categories/5280292?p_r_p_categoryId=5280292
http://www.salute.gov.it/portale/p5_1_2.jsp?lingua=italiano&id=219
https://www.altroconsumo.it/alimentazione/fare-la-spesa/news/pasta-micotossine